Non pensate che io sia venuto per
abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a
compimento (Matteo 5:17)
Per dimostrare concretamente di non
“abolire la legge e i profeti ma di dare loro compimento”, Gesù espone una
serie di insegnamenti che, messi insieme, esigono nei confronti della Torah un
impegno più profondo di quello che la gente aveva compreso. Non basta da parte
mia non uccidere: io non devo nemmeno oltrepassare quello stadio d’ira che
porta in ultima analisi, all’omicidio. Non basta da parte mia non commettere
adulterio: non devo nemmeno incamminarmi sulla strada che conduce fino
all’adulterio. Non basta da parte mia non spergiurare in nome di Dio, non devo
giurare affatto. Queste affermazioni rappresentano un’elaborazione di 3 dei
dieci comandamenti.
Nel trattato di Avot, scritto dai
rabbini assai prima dell’epoca di Gesù, consiglia di “fare una siepe intorno
alla legge”, cioè di comportarsi in modo da evitare non solo il peccato, ma
persino le cose che possono condurre al peccato. Ricercando la riconciliazione,
mi metto al riparo dalla volontà di uccidere; per mezzo della castità di
pensiero mi metto al riparo dal consumare l’adulterio; non giurando mi metto al
riparo contro i giuramenti falsi.
(J. Neusner, Disputa immaginaria tra un
rabbino e Gesù)
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